Quando il male ha le sue motivazioni, le sue paure, le sue vendette. Il cattivissimo Bane entra di diritto nella sfera dei grandi cattivi protagonisti della saga di Batman. Con colpevole ritardo dei distributori italiani è arrivato anche da noi Il cavaliere oscuro – Il ritorno, di cui si conosceva praticamente tutto. Ci siamo goduti lo stesso il film, tre ore di grande cinema per un regista che ormai un culto: Christopher Nolan come Terence Malick, Michael Mann, o Paul Thomas Anderson. Ogni loro film è un evento.
Lo stesso nuovo Batman non delude le attese con un protagonista forse meno dark che negli episodi. Ma poco importa. Quello che in questa saga ha sempre affascinato sono i cattivi, gli antagonisti. Sul nuovo Bane, l’uomo con la maschera, c’erano tante aspettative, troppe forse. Tanto che, nonostante la forte presenza scenica di Tom Hardy, sembra essere in difetto: motivazioni e spessore ci sono, decisamente sopra la media rispetto ai “cattivi” di altri film, ma se paragonato a un Jocker o al precedente “Due facce”, sembra mancare qualcosa, una insicurezza che rendeva decisamente più “umani” gli altri personaggi e che ci portava lo spettatore a identificarsi anche con l’antagonista.
Questione di dettagli. Il nuovo Batman non è perfetto, ma è un grande film, la cui saga ha rivoluzionato i Cinecomis. E togliamoci dalla testa le letture politiche e le accuse di fascismo, non c’entrano assolutamente nulla. I film di Batman, tutti e tre, sono un inno alla creazione dei miti e degli eroi, figure di cui il mondo ha da sempre bisogno. In tutte le sue sfaccettature.
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Il film muto, in bianco e nero, trionfa agli Oscar
È The Artist il trionfatore della notte degli Oscar. Il cinema che premia il cinema affida ben cinque statuette alla pellicola francese, opera muta e in bianco e nero: miglior film, miglior regia a Michel Hazanavicius (che ha ringraziato più volte la moglie e il grande Billy Wilder) e miglior attore Jean Dejuardin, oltre alla colonna sonora e ai costumi. (in questa gallery fotografica le immagini delle star presenti alla serata, qui le immagini dei premiati)
Cinque statuette anche per Hugo Cabret di Martin Scorsese, ma tutte in categorie tecniche: fotografia, montaggio, effetti sonori, effetti speciali e scenografia. Quest’ultima realizzata dagli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, al loro terzo Oscar in carriera, dopo aver lavorato anche in The Aviator di Scorsese e in diversi film di Fellini e Pasolini.
L’altro italiano in gara, Enrico Casarosa, autore del cortometraggio d’animazione La Luna, non ce la fa, ma rimane la soddisfazione di aprire con questo piccolo film il prossimo lungometraggio della Pixar, The Brave.
Nel resto della serata tutto come da pronostico con poche sorprese: Maryl Streep si porta a casa la statuetta come miglior attrice per The Iron Lady (film premiato anche per il trucco), mentre per la sceneggiatura vincono Alexandre Payne per Paradiso amaro (non originale) e Woody Allen per Midnight in Paris. Il film straniero va all’iraniano Una separazione mentre la anche per le interpretazioni dei non protagonisti è andato tutto secondo i pronostici: Crhistopher Plummer per Beginners e Octavia Spnecer per The Help.
Nel complesso una serata sobria, presentata da un Billy Crystal un po’ troppo sottotono nonostante un inizio scoppiettante ricco di parodie (la più bella quando Cristal viene baciato sulla bocca da Geroge Clooney!!!).
Toccante come al solito il momento dei ricordi agli artisti scomparsi recentemente, da Ken Russel e Whitney Huston, come anche l’Oscar alla carriera per il caratterista James Earl Jones. A parte l’autocelebrazione del cinema, poca ironia, una formula stanca, seppure sempre affascinante, per uno spettacolo fine a se stesso, ma che premia le emozioni, le vere vincitrici di un cinema destinato a non morire mai.
La notte degli Oscar in diretta Facebook
Ci saremo anche noi alla notte degli Oscar. O meglio la seguiremo con una speciale diretta su facebook alla pagina Anche io guardo la notte degli Oscar, dove vedete anche un widget aggiornato qui di fianco, con tutti i momenti salienti e i commenti di chi vorrà seguire la serata con noi. Chi ne uscirà vincitore? Sarà il film muto francese The Artist oppure Hugo Cabret di Martin Scorsese?
O ci sarà qualche sorpresa?
Appuntamento intorno alle due, nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 febbraio. Seguiamo insieme questa notte dedicata al cinema!
Locarno “snobba” l’italiano? La strana anomalia del festival
Film in inglese sottotitolati in tedesco e francese. Film in spagnolo con sottotitoli in inglese e tedesco. Film in giapponese con sottotitoli in inglese. Nessuno coi sottotitoli in italiano. Tutto normale se fosse un qualsiasi festival cinematografico del mondo, come Berlino, Tokio, Cannes o Toronto. Ma non Locarno, cittadina svizzera del Canton Ticino, nella Svizzera Italiana, dove si parla soprattutto italiano. Da sempre il festival internazionale del cinema che si svolge ad agosto “snobba” la lingua italiana. Tanto che solo da qualche anno anche il sito ha una traduzione nella nostra lingua.
Ma, anche solo per vicinanza geografica, il bacino di spettatori a cui si rivolge il festival è soprattutto italiano. Eppure l’organizzazione del festival non considera spettatori che provengano dalla penisola. E così, anteprime internazionali come quella di mercoledì sera nella suggestiva e bellissima piazza Grande, capace di accogliere anche 9mila spettatori, dove si proietta Super8 prodotto da Spielberg (appena uscito negli Usa) è in inglese con sottotitoli in francese e tedesco. Stesso discorso per l’altro titolo prestigioso che può attirare migliaia di persone, come Cowboy & Alieni.
Una “fregatura” anche per gli appassionati di cinema, non solo per i fruitori occasionali. Infatti nel concorso internazionale, la colonna portante del festival dove è possibile scoprire vere e proprie “chicche”, ci sono film da tutto il mondo, dal Giappone, da Israele, dalla Spagna e molto altro. Eppure nei sottotitoli dominano inglese, tedesco e francese. Italiano niente.
Nonostante ciò all’organizzazione fa comodo fare comunicati stampa in italiano, confezionare cartelle stampa anche nella nostra lingua. Ma per i “normali” spettatori? È vero, ormai l’inglese è una lingua internazionale, parlata in tutto il mondo. Tutti dovrebbero conoscerla, ma non è così. E poi francesi e tedeschi hanno i loro sottotitoli.
Perchè un festival come Locarno, definito il più grande dei piccoli e il più piccolo dei grandi, non si apre maggiormente anche al territorio? Perchè limitare le proiezioni solo a coloro che possono permettersi di conoscere (ed anche piuttosto bene per stare dietro a dialoghi o sottotitoli) più lingue? Perchè Locarno trascura così la lingua italiana? Nessuno in questi anni ha mai dato una risposta a queste domande.
Oscar, Italia a bocca asciutta
Peccato, nessuna sorpresa per l’Italia alla notte degli Oscar. Vincere di Bellocchio non è stato ammesso perchè trasmesso contemporaneamente in sala cinematografica e on-demand, La prima cosa bella di Virzì non è entrato nella cinquina di miglior film straniero. L’ultima speranza era per Io sono l’amore di Luca Guadagnino, per molti critici e registi americani uno dei migliori film dell’anno. Ci si consola con una nomination ai costumi proprio per il film di Guadagnino.
Risultato: tutto secondo le aspettative con una autocelebrazione del cinema in lingua inglese. Per carità, nessuna critica, spesso le opere da Oscar sono molto interessanti e la macchina del cinema Usa è spesso contraddittoria, fatta di molta promozione.
Sul versante italiano diciamo che si tratta di un’altra conferma di come il nostro cinema sia considerato all’estero, ovvero quasi inesistente. Mentre in Italia la fanno da padrone le commedie con incassi stratosferici (tra l’altro tutte interpretate da comici televisivi come Zalone, Albanese, Aldo Giovanni e Giacomo), all’estero il cinema italiano non viene quasi più preso in considerazione, a parte rari casi. Sembra che, a parte i già citati Bellocchio e Guadagnino, non si sappia raccontare storie internazionali. Su Virzì avevo già espresso forti dubbi: un bel film, ma non dal respiro internazionale.
Tornando agli Oscar, come detto, tutto da programma: 12 nomination al Discorso del re, appena uscito in Italia. 10 alla nuova opera dei Fratelli Coen, Il Grinta. 8 a Inception di Christopher Nolan e The Social Network di David Fincher. Pare proprio che sarà quest’ultimo a farla da padrone. Appuntamento ora la notte del 27 febbraio.
Italiani all’Oscar? Le sorprese sono dietro l’angolo…
Diciamo subito che gli Oscar non sono il meglio del cinema mondiale. Sono solo un riconoscimento che gli americani danno al cinema che parla soprattutto inglese, quindi proveniente da Regno Unito e Stati Uniti. Per tutti gli altri esiste al massimo la statuetta come “miglior film straniero“. Per questo, exploit come “La vita è bella“, più di dieci anni fa, fanno ancora più piacere. Ed è per questo che, se si attuassero certe voci di queste settimane, si confermerebbe il buon momento del cinema italiano, nonostante la settima arte in Italia sia proprio malconsiderata, dallo Stato ma anche dagli addetti ai lavori (produttori, registi e sceneggiatori che considerano giovani autori persone di 40 anni).
Ma andiamo con ordine. Il 25 gennaio escono le nomination per gli Oscar. L’Italia sarà presente? Il film italiano che gareggia per entrare nella cinquina del Miglior film straniero (ogni nazione può presentare un solo titolo) è La prima cosa bella. Per carità, un gran bel film, ma ha il respiro internazionale che si richiede per questa sezione? Ho forti dubbi. Ma le notizie più confortanti arrivano da altri due film nostrani.
Io sono l’amore di Luca Guadagnino (lo stesso regista del tremendo e inguardabile Melissa P.) è stato inserito più volte nei migliori film del 2010 da diversi personaggi americani: Quentin Tarantino l’ha messo persino al quarto posto della sua Top Ten. Complice anche il fatto che la protagonista sia la bravissima Tilda Switon.
L’altra novità riguarda Vincere di Marco Bellocchio. L’interpretazione di Giovanna Mezzogiorno ha fruttato al film il premio come miglior attrice assegnato dai critici statunitensi, battendo persino Annette Benning, tra le favorite per la corsa alla statuetta. Critici che non hanno premiato, ma avrebbero molto apprezzato, anche l’interpretazione di Filippo Timi nello stesso film, oltre alla regia di Bellocchio.
Vincere è il film su Mussolini e l’amante Ida Dasler, duro e molto reale. Film che lo scorso anno non è stato candidato come miglior film straniero perchè la commissione italiana scelse Baària (che poi non venne candidato nella cinquina ufficiale). Il film è stato poi distribuito nei circuiti normali, come anche Io sono l’amore. Con il passaparola e il con il grande consenso dei critici entrambi i film hanno incassato notevolmente e ottenuto numerosi premi e risultati. Potrebbe esserci quindi un nuovo “La vita è bella” alla prossima notte degli Oscar? Lo sapremo solo il 25 gennaio…
La sfida horror di Roberto Saviano
C’è una regola nel cinema: quello che non mostri sullo schermo è quello che fa più paura. Ed è così anche nella vita. Abbiamo tutti paura del buio perchè non sappiamo cosa vi si nasconda. Quello che ha fatto lunedì sera Roberto Saviano nel monologo a Vieni via con me è ancora più encomiabile proprio per questo. Le polemiche sollevate dalla Lega Nord sui fatti espressi dallo scrittore servono solo a distogliere l’attenzione da quello che era il concetto espresso da Saviano, ovvero che le mafie si combattono conoscendole.
Dire quale sia il rituale di affiliazione, farlo recitare a degli attori, dire quali sono le gerarchie delle mafie, fare tutto ciò di fronte a milioni di spettatori, significa portare alla luce quell’aspetto nascosto di cui tutti hanno paura. Farlo conoscere, far vedere cosa c’è nel buio, cosa si muove. Significa accendere la luce per mostrare l’incubo e poterlo affrontare.
Come in un film film horror. Peccato che qui non vi sia alcuna finzione. Per molti, soprattutto addetti ai lavori, Saviano non ha detto niente di nuovo, ma quanti di quei 9 milioni di spettatori sapevano qualcosa del rito di affiliazione e delle infiltrazioni così estese anche al nord? Ora lo sanno. Conoscono il buio. E forse ne abbiamo meno paura. Almeno un poco.
Saviano sta “solo” facendo informazione. Quella che altri non fanno. Usa il mito, il racconto, per combattere il mito stesso. Usando anche un’arma in più, la televisione.
Mister D non c’è più. “Padre” di Fellini e Serpico
Mister D se ne è andato. Aveva 91 anni e 500 film sulle spalle come produttore. Gli ultimi trent’anni a Hollywood. Aveva lasciato l’Italia, dopo aver dato tutto alla rinascita del cinema nostrano nel Dopoguerra con il neorealismo e con la classica commedia all’italiana. Dino De Laurentiis è morto a Los Angeles, ormai era la sua casa. E anche qui ha fatto dei capolavori, dopo i tanti film di Fellini, come La Strada o Le notti di Cabiria, che personalmente adoro. Poco importa che abbia sposato Silvana Mangano o altri pettegolezzi sulle sue tre mogli, o altro.
Se devo ricordare un film che più mi ha colpito non posso non citare il grande Serpico, il primo film negli States. Un grande Al Pacino, una grande regia di Sidney Lumet. Un poliziotto duro dai modi molto fine (una citazione per tutte: “Sembri un buco di culo con la dentiera!“).
Mister D, così lo chiamavano per rispetto a Los Angeles, ha portato un po’ di anima europea nel cinema americano. Il figlio e il nipote, unici eredi cinematografici, Aurelio e Luigi, oggi producono soprattutto i cinepanettoni. Sembra che vogliano adottare la stessa filosofia di utilizzare gli introiti di quei film per produrre capolavori. Diceva Mister D: “Dicono che faccio film commerciali. E Fellini dove lo mettiamo?”. Speriamo.
Un assaggio di Serpico:
Il primo bacio al cinema? Con Woody Allen
Colleziono locandine, da anni, da quando ero adolescente. Mi fa piacere leggere sul corriere che viene fatta una mostra con locandine e foto di set con “I baci più belli del cinema“. La locandina che ricordo meglio con su un bacio è anche quella di uno dei miei film preferiti: Moulin Rouge di Buz Luhrmann. Spettacolare, debordante, travolgente. Non ci sono altre parole. Nonostante i sottotitoli penso pure di essermi commosso. E non ho la locandina originale (se qualcuno vuole farmi un regalo…), non sono riuscito ad averla, non ero più un ragazzino che supplicava i gestori delle monosale di lasciargli un manifesto.
Niente a che vedere con il primo bacio al cinema, a 16 anni. Imbarazzante, senza senso. Ero più attratto dal film che dalla ragazza che avevo di fianco. Il film era il dimenticato Storie di amore e di infedeltà, con Woody Allen (solo attore) e Bette Midler. Un film poco divertente dove il battibecco tra i due protagonisti era poco credibile. Era il periodo buio di Woody Allen, ma era lo stesso il mio mito. Meno la ragazza che avevo di fianco. Ho finito di vedere il film. Era meglio. Di questo però credo di avere locandina…
E il vostro primo bacio al cinema?
Torna Freddy, se dormi MUORI!
“Uno due tre, sto venendo da te. Quattro cinque sei, ora prega già che ci sei”. Era la filastrocca cantanta da inquitanti bambine che annunciavano l’arrivo di Freddy Krugher nei sogni dei giovani di Elm Street. Chi non conosce Freddy Krugher, e la serie Nightmare, non può capire le notti insonni di chi, negli anni ’80, si è visto tutta serie di film del personaggio creato da Wes Craven.
La leggenda vuole che Freddy molestasse e uccidesse bambini, poi i genitori di quel quartiere lo presero e lo bruciarono vivo. Lui torna sotto forma di incubo e uccide nel sonno gli adolescenti. A metà tra incubo e realtà il meccanismo geniale del film tocca tutti: se ti addormenti incontri Freddy. E muori.
Terrificante, spiazzante, con il proseguire della serie, anche grottesco. Nightmare è un caposaldo dell’horror, come Halloween. Ora torna al cinema, un reboot, come va tanto di moda oggi chiamare i remake che fanno ripartire una serie.
Ma i i tempi sono cambiati: gli horror hanno sconfinato su più fronti, è arrivato nell’immaginario collettivo l’horror orientale, il torture-porn, ma soprattutto lo stesso Craven che già negli anni ’90 aveva reinventato il genere con la serie Scream che azzerava tutte le regole. Vedremo se il nuovo Nightmare sarà all’altezza del primo, ma soprattutto se saprà dire qualcosa di veramente nuovo in questo genere, l’horror, tra i più innovativi della storia del cinema.