C’è una regola nel cinema: quello che non mostri sullo schermo è quello che fa più paura. Ed è così anche nella vita. Abbiamo tutti paura del buio perchè non sappiamo cosa vi si nasconda. Quello che ha fatto lunedì sera Roberto Saviano nel monologo a Vieni via con me è ancora più encomiabile proprio per questo. Le polemiche sollevate dalla Lega Nord sui fatti espressi dallo scrittore servono solo a distogliere l’attenzione da quello che era il concetto espresso da Saviano, ovvero che le mafie si combattono conoscendole.
Dire quale sia il rituale di affiliazione, farlo recitare a degli attori, dire quali sono le gerarchie delle mafie, fare tutto ciò di fronte a milioni di spettatori, significa portare alla luce quell’aspetto nascosto di cui tutti hanno paura. Farlo conoscere, far vedere cosa c’è nel buio, cosa si muove. Significa accendere la luce per mostrare l’incubo e poterlo affrontare.
Come in un film film horror. Peccato che qui non vi sia alcuna finzione. Per molti, soprattutto addetti ai lavori, Saviano non ha detto niente di nuovo, ma quanti di quei 9 milioni di spettatori sapevano qualcosa del rito di affiliazione e delle infiltrazioni così estese anche al nord? Ora lo sanno. Conoscono il buio. E forse ne abbiamo meno paura. Almeno un poco.
Saviano sta “solo” facendo informazione. Quella che altri non fanno. Usa il mito, il racconto, per combattere il mito stesso. Usando anche un’arma in più, la televisione.