Tutta un’altra musica, un libro da vedere

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L’arte è un pregio? Una condanna? La riconosciamo o la inseguiamo ossessivamente per farci dire che siamo degli artisti? Riconosciamo di essere tutti artisti, oppure ci abbandoniamo a una costante ricerca di individualità? È puro cinema il nuovo libro di Nick Hornby, Tutta un’altra musica, e non nel senso di un Ken Follet, autore che negli ultimi 15 anni ha scritto praticamente solo dei libri-film, troppo visivi, come una sceneggiatura. Hornby è meno hollywoodiano, meno spettacolare, ma più umano, più indipendente, più naturale. Ha la stessa fluidità  e naturalezza nei dialoghi dei racconti di Raymond Carver, ma con più respiro, più ironia, più speranza. Restano quel tocco di nostalgia e amarezza che caratterizza tutte le opere di Horby. Le stesse presenti anche in due film tratti dai suoi libri, come Alta Fedeltà (sempre con grande protagonista la passione per la musica) ed About a boy, con protagonista un grande Hugh Grant.

Il libro Tutta un’altra musica è ancora meglio di Non buttiamoci giù, più decadente e dedicato al tema del suicidio. Entrambi non ancora diventati film. Ma che sicuramente lo diventeranno. Horby ha il grande talento di raccontare storie di vita di tutti i giorni, storie di persone normali che si credono speciali, ma che devono solo fare i conti con loro stessi alla ricerca di un posto nel mondo. Una mediazione necessaria per molti, per tutti, artisti e non artisti. Affrontare se stessi e il proprio talento (ognuno ne ha uno) per poter affrontare la propria vita.

Tutta un’altra musica, un libro tutto da vedere.