Lie to me è l’ultima grande serie tv prodotta negli Stati Uniti che è cinema alla stato puro. Come The shield, come Criminal Minds, non è la tv che attinge al cinema di genere, ma è la stessa serie tv a fare da apripista alla crisi di idee che sta investendo le opere per il grande schermo.
In Lie to me non funziona solo l’idea della squadra che collabora con le forze dell’ordine, operando interrogatori che si basano sullo studio linguaggio non verbale. In Lie to me la pietra che contribuisce a rendere stabile tutta la struttura è Tim Roth, attore dalle scelte coraggiose che al suo attivo ha grandi interpretazioni in Le iene di Tarantino o il bellssimo La leggenda del pianista sull’oceano. Ma anche un’opera poco conosciuta, ma molto interessante, come regista, Zona di guerra.
Hitchcock diceva che gli attori sono delle mucche che devono solo essere guidate al pascolo. Mai come in questo caso il maestro del brivido potrebbe essere smentito. Roth dà il proprio contributo di autore-attore anche nel personaggio di Lie to me, creando un uomo tormentato, incapace di basare sulla naturalezza le proprie relazioni personali, ingabbiato in quel mondo dove la verità verbale non esiste. Mondo che lui stesso ha creato e dal quale emergono realtà tanto inquietanti da permettere di risolvere, o meno (ma per scelta), determinati casi. Nel primo episodio, la frase cardine di tutta la serie: “Tre persone possono mantenere un segreto soltanto se due sono morte”.