Quattro ore e mezza di film. Un fiume di immagini che scorreva sul televisore. Unico neo della visione di Red Cliff – La battaglia dei tre regni è stata visione domestica. Il nuovo film di John Woo avrebbe meritato una visione cinematografica, ma non spezzata in due come proposta in Dvd o riassunta al cinema in due ore e mezza, bensì in una serata sola, in un’unica proiezione.
Il regista racconta la battaglia che nel secondo secolo dopo cristo ha portato all’unificazione della Cina. Lo fa in un crescendo di intrighi e battaglie, con una abbondanza di rallenty e montaggi paralleli che sono sempre stati il cavallo di battaglia del suo cinema. Certo non siamo ai livelli estetici di capolavori come The killer o Face Off, qui John Woo è leggermente più contenuto a favore della Storia, ma La battaglia dei tre regni è un racconto quasi shakesperiano, ricco di tradimenti e passioni, intrighi e spie, ma anche con un grande rispetto dell’onore e della battaglia.
Immancabili le citazioni all’Arte della guerra, il testo che ha guidato tutti gli strateghi della storia e che ancora oggi viene applicato, sotto diverse forme, in più campi della vita.
Libertà, indipendenza, rispetto della proprio storia, rifiutando i dominatori-oppressori, sono i temi principali del film. Inutile, superfluo e stupido qualsiasi rimando al cinema italiano di Barbarossa che come tematica non ha niente a che vedere con il film cinese: nella pellicola italiana non c’è alcun sentimento, solo propaganda; nel film cinese, nonostante si legga comunque la propaganda, si percepiscono i sentimenti, anche ai non addetti ai lavori. Questo perchè si raccontano storie e sentimenti universali, come l’amore e l’odio, al di là della rivalsa sociale: si raccontano vite.
A tutto ciò si aggiunge una regia grandiosa che John Woo aveva alquanto estremizzato negli ultimi due Mission Impossible. Qui torna a dominare la sua regia al meglio, rendendola funzionale a un racconto che, seppur nella sua crudezza, ha una grande anima gentile.