Il cinema è nei serial tv (non italiani)

boston_legal_s2_boxL’altro giorno un amico mi ha detto che non condivide che io abbia scritto che non ci siano fiction italiane “belle”.
Quella stessa sera mi sono imbattuto in un recente serial americano. Non tra i più conosciuti, non i solidi “modelli” (seppur inimitabili) del Dr.House o Csi o Lost o Gre’s Anatomy. Ma un più modesto Boston Legal. Serie con protagonisti degli spregiudicati avvocati: il taglio cinematografico la fa da padrone, niente lungaggini, pochi tempi morti, dialoghi veloci e dinamici, riprese sempre in movimento, trame che affrontano temi e dibattiti sociali.

Tutto il contrario della nostra fiction. Dove le contraddizioni sono messe il bando, l’originalità dei personaggi è stereotipata secondo modelli nazional-popolari, i colpi di scena non sono nemmeno svolte narrative. In Bosto Legal , dove attori come James Spader dominano la scena con il loro carisma, tutti i personaggi hanno la loro pazzia, a volte grottesca, ma sempre con uno sfondo di umanità non banale che li rende reali nel loro distacco cinematografico .

In Italia, è vero, c’è anche della buona fiction. Poca. Molto poca. Oltre al già citato Montalbano, ci sono le fiction recentemente create da Sky, su tutte Romanzo criminale e la splendida, scorretta e irriverente sitcom Boris. Il resto della produzione Rai e Madiaset  è la solita minestra di buonismo, retorica, luoghi comuni. A parte il recente Tutti pazzi per amore, dove gli autori hanno cercato di dare un proprio “piglio” personale alla serie .

Tutto il resto è solo propaganda, dove il cinema non ha niente a che fare con questo tipo di senso dell’immagine. Mentre negli Stati Uniti e in Inghilterra  (basti pensare al serie Hustle, con protagonisti simpatici e ideologici imbroglioni) sono i serial televisivi che fanno da traino al cinema, in Italia non si può nemmeno dire che sia il contrario, considerando la scarsa considerazione dei prodotti di qualità nostrani.

Italia NI: Questione di cuore

Questione di cuore di Francesca Archibugi

Questione di cuore di Francesca Archibugi

Sullo scafale del videonoleggio due film italiani. Ho sicuramente scartato quello di Natale e non tanto la visione che ne avrei fatto in una sera di agosto.

Prendo in mano l’altro dvd. Copertina con attori sorridenti in un’improbabile posa.

Penso di trovarmi di fronte all’ennesima commedia con scambio di equivoci. Almeno era l’impressione che ne aveva dato il marketing all’uscita del film in sala.

Mi preparo a questo tipo di visione, nonostante gli attori Antonio Albanese e Kim Rossi Stuart abbiano già dimostrato in passato di essere molto consapevoli delle scelte dei film in cui recitare.

Risultato. Devo dire che il titolo, un po’ banale, Questione di cuore non rende giustizia al film di Fratesca Archibugi. Una trama un po’ forzata, con delle situazioni simpatiche e drammatiche, a seconda del registro che richiede la classica commedia all’italiana.

La storia è semplice. Due estranei, complementari nella vita, si conoscono in ospedale dopo un attacco di cuore. Diventano amici inseparabili, fino a coprire ognuno le mancanze dell’altro. Con tanto di tragedia finale.

Ed è proprio in un certo buonismo, e anche prevedibilità, che il film si perde nonostante le buone intenzioni iniziali. Un po’ di sana cattiveria non avrebbe fatto male.

Se invece dovessi pensare che nel bancone dei dvd a noleggio dove ho preso il film dell’Archibugi c’era anche il cinepanettone Natale a Rio, penso sicuramente di aver scelto un gran bel film, di non aver perso una serata, di non aver buttato due ore della mia vita. Ma soprattutto di essermi divertito veramente.

Italia sì: Fortapàsc

Fortapàsc di Marco Risi

Fortapàsc di Marco Risi

«In questo paese non ci sono giornalisti-giornalisti. C’è spazio solo per giornalisti-impiegati».
La forza di un film come Fortapàsc è l’attualità. Un’attualità tanto agghiacciante da far dimenticare che l’ultimo film di Marco Risi sia una ricostruzione storica, l’assassinio del giornalista de “Il Mattino” Giancarlo Siani, avvenuto nel 1985.
Negli Stati Uniti questo genere di film lo chiamano Biopic. Da noi non hanno una definizione, le storie dei grandi personaggi storici vengono raccontate senza emozioni, e con sole finalità politiche, dalla tv. Sono le fiction, sono il brutto cinema, senza alcuna anima.
Tutto questo non è Fortapàsc.
Qualcuno ha accusato il film di essere troppo fiction. Magari la fiction televisiva (Montalbano a parte) fosse così spietata, netta, reale, originale: nei dialoghi e nelle riprese, ma soprattutto nella potenza del messaggio, non finalizzato alla sola informazione pubblicitaria.
Marco Risi, anche se non ai livelli di
Mery per sempre o de Il muro di gomma, racconta un’Italia ancora attuale, per nulla mutata, con il rischio che si corre oggi di un’informazione assoggettata al potere: appalti, politica, incarichi come favori, carriere come scambi commerciali, che Siani, solo 26enne, ha cercato di smascherare.

Prima o dopo tangentopoli, poco è cambiato.
Fortapàsc è l’Italia di oggi.

 

Metti che… Gran Torino

 

Clint Eastwood in Gran Torino

Clint Eastwood in Gran Torino

Metti una vecchia auto Ford in garage. Metti che la tiri fuori tutti i giorni e la metti via tutte le sere. Metti che hai appena perso tua moglie. Metti che sei vecchio, che vivi in un quartiere dove l’unico giardino verde sia il tuo. Metti che i nuovi vicini abbiano gli occhi a mandorla e che tu non capisca la loro lingua. Metti che gli stranieri, quelli che ti odiano, quelli brutti e cattivi, siano i tuoi figli.

Metti che Clint Eastwood non sia un genio, che Gran Torino non sia un capolavoro.

Metti che questa sia la storia di ogni nazione, regione, provincia, paese che chiude gli occhi all’integrazione e all’ascolto e rispetto degli altri.

Metti che Gran Torino non sia solo un film.

Metti che non ci sia sempre bisogno della tragedia per comprendere di aver preso una direzione senza uscita.

Metti che qualcuno alla fine apra gli occhi.

 

 

Cinema e realtà

 

La locandina di Espiazione

La locandina di Espiazione

Non vado al cinema da quasi due anni. Per fare lo snob potrei dire che il cinema non è più quello di una volta. Ma non è così. (nell’immagine la locandina di Espiazione, l’utimo film che ho visto in una sala cinematografica). 

Il cinema è forte e vivo. Contrariamente a quanto dicono i numeri degli incassi e delle presenze in sala, costantemente in calo negli ultimi dieci anni.

Il cinema sta cambiando. Tutto quello che ci circonda è cinema: la comunicazione, sempre più “immagine in movimento” da parte di pubblicità e promozioni; la televisione, dove soprattutto le serie tv americane stanno facendo scuola al cinema hollywoodiano e non; i giornali sempre più “visivi” con regole che sembrano davvero costruire una narrazione più diretta al lettore.

Il cinema non è solo quello in dvd o videocassette (chi le usa ancora? Ne ho circa 700 da portare in discarica…).

Il cinema non è solo la moda, ma tutto quello che è narrazione, che è “lettura” della realtà.

Anche questo blog vuole essere cinema. Il mio cinema, i miei film. Le mie visioni.

Un blog dedicato a un amico: una volta mi ha detto che per me la realtà non esiste se prima non è passata da uno schermo, da una televisione, da una sala cinematografica. Aveva ragione.