Dopo aver parlato di bioprinting e scoperto la neuronavigazione, ventuno continua ad esplorare il rapporto tra medicina e tecnologia. La nanotecnologia è un’altra di quelle discipline che sta cambiando il modo di curare le persone. Elena Gammella ci spiega di cosa si tratta e come viene utilizzata. – ventuno
“Nanotecnologia è l’insieme di scienza applicata e tecnologia che si occupa del controllo della materia e della sua manipolazione a livello atomico e molecolare su scala dimensionale inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nanometri) e della progettazione e realizzazione di dispositivi in tale scala.” (cit. da Wikipedia).
Se uniamo nanotecnologia e medicina abbiamo quella che viene chiamata nanomedicina, la quale studia come funziona la macchina biologica all’interno delle cellule e usa queste informazioni per l’ingegnerizzazione di nanomateriali e biosensori e lo sviluppo di terapie mediche sempre più sofisticate. L’uso delle nanotecnologie in medicina offre, infatti, interessanti possibilità. Alcune delle tecniche applicate sono solo immaginate mentre altre sono già sottoposte a test o addirittura utilizzate. Si prevedono applicazioni che si basano sull’utilizzo di nanoparticelle o addirittura di nano-robot per eseguire trattamenti e riparazioni a livello cellulare se non addirittura molecolare.
Una delle applicazioni recentemente sviluppate delle nanomedicina prevede l’uso di nanoparticelle che trasportano farmaci, calore o altre sostanze a specifici tipi cellulari (come cellule tumorali). Le particelle sono ingegnerizzate in modo da essere attratte solo dalle cellule malate, consentendo il trattamento diretto solo di queste cellule, riducendo il danno alle vicine cellule sane e permettendo una precoce identificazione della malattia.
CytImmune, una compagnia di nanomedicina che si occupa della ricerca, sviluppo e commercializzazione di terapie anti-tumorali, ha recentemente pubblicato risultati preliminari per un trial clinico in fase 1 riguardante “gold nanoparticles” leganti agenti chemioterapici che vengono trasportati al tessuto tumorale e non al tessuto sano riducendo cosi i possibili danni che la somministrazione sistemica comporta. Note sono anche le “gold nanorods” che legano il DNA, il quale agendo da scaffold tiene insieme il nanorod e l’agente chemioterapico. Quando la luce infrarossa illumina la cellula tumorale il “gold nanord” assorbe la luce infrarossa e rilascia calore, il quale a sua volta rilascia l’agente chemioterapico che distrugge le cellule tumorali. Ricercatori hanno sviluppato nanoparticelle che rilascino insulina quando il livello di glucosio nel sangue aumenta, oppure nanoparticelle che sconfiggono i virus trasportando un enzima che previene la riproduzione del virus nella circolazione sanguigna del paziente, e ancora sono state sviluppate “nanosponge” che agendo come vere e proprie spugne sono in grado di assorbire tossine o radicali liberi e rimuoverle dal sangue.
Addirittura la NASA ha sviluppato biocapsule, fatte di nanotubi di carbonio, per proteggere gli astronauti dall’effetto delle radiazioni. Queste biocapsule sono impiantate sottocute e nel momento in cui qualcosa nel corpo umano succede sono in grado di rilasciare la sostanza che permette in questo modo un trattamento immediato.
La nanomedicina oltre che sul piano terapeutico risulta molto importante anche sul piano diagnostico. Ricercatori hanno sviluppato nanoparticelle che si legano alle cellule tumorali e rilasciano bio-marcatori. L’idea è che siccome le nanoparticelle trasportano numerosi bio-marcatori, quando questi sono rilasciati se ne genera un’alta concentrazione che permette una precoce identificazione della malattia.
L’applicazione delle nanotecnologie nel campo della medicina potrebbe rivoluzionare il modo con cui identifichiamo e trattiamo danni e malattie del corpo umano e molto tecniche, solo immaginate qualche anno fa, stanno già facendo notevoli progressi che potrebbero diventare realtà.
Un giorno potremo avere, dentro di noi, medicine in grado di attivarsi nel momento del bisogno. Si pensi ai diabetici, ai cardiopatici, a chi rischia shock anafilattici. Il genere umano, poco per volta, oltrepassa i confini tra realtà e fantascienza e cambia il nostro modo di vedere le cose. Questi cambiamenti, a volte, sono proprio da guardare al microscopio, ma il progresso che ne deriva è molto più grande. Cosa ne pensate?
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Elena Gammella, post-doc all’Università degli studi di Milano, è laureata in biotecnologie e PhD in patologia generale. Si occupa di studi di biologia molecolare e ricerca di base. Quando non è impegnata in convegni o seminari, le piace dilettarsi in esperimenti culinari e di giardinaggio.
Sono molto soddisfatta, so cosa vuol dire questo articolo .
Vivo sempre con la speranza che la scienza arriverà un giorno a salvare la vita di tanti ammalati. Io sono una di questi ammalati. Ho tanta fede in Dio e anche negli scienziati che cercano di cambiare il futuro. Grazie per tutto quello che fanno, e grazie anche per avere pubblicato questo articolo.
Gran bell’articolo, è quello che cercavo per capire lo stato dell’arte della nanomedicina. Tra me e me avevo già immaginato che fosse possibile realizzare tecniche simili, ma non pensavo fossimo già a questo punto. La tecnica dei bio-marcatori poi è geniale! Grazie per aver pubblicato questa infarinatura 🙂
Complimenti per l’articolo e le informazioni in esso contenute,le nanoparticelle ritengo che possono costituire un moderno e efficace approccio a nuove terapie curative.non ho molto chiaro il meccanismo di rilascio delle sostanze medicamentose quando e come e quali parametri di riferimento si controllano per decidere quando intervenire o non . Grazie
E’ uno scenario molto stimolante e promettente, anche se, a mio avviso, i tempi per una ordinaria applicazione dei risultati di queste ricerche saranno a medio – lungo termine, dovendo innanzitutto soddisfare le rigide regole della convenienza economica poste alla base della produzione industriale.