La terapia genica in Italia, tra HIV e staminali.

In un altro capitolo dedicato alla medicina d’avanguardia, ventuno entra nei laboratori italiani dove si manipolano i virus per creare medicine dove la farmacologia non può arrivare.Elena Gammella ci parla della terapia genica. – ventuno

di Elena Gammella

È dello scorso luglio l’importantissima e straordinaria notizia che la terapia genica con il virus dell’HIV, messa a punto dai ricercatori del Tiget (Istituto Telethon) dell’ospedale San Raffaele di Milano, ha finalmente avuto successo. Questo lungo lavoro di ricerca e studio iniziato ben 15 anni fa ha portato alla guarigione di bambini affetti da malattie genetiche gravissime.

Vediamo di che cosa si tratta.

La terapia genica ha lo scopo di curare malattie genetiche, ossia malattie causate da un gene non funzionante perché assente o perché mutato: di conseguenza questo gene non è in grado di generare il prodotto proteico che consentirebbe il corretto funzionamento di alcune cellule. La terapia genica ha proprio lo scopo di correggere questi difetti genetici, ma in che modo? Si basa sull’inserimento del gene corretto nel DNA della cellula malata attraverso l’uso di vettori, più comunemente virus inattivati noti come vettori lentivirali, i quali inserendo il gene corretto nel DNA della cellula malata consentono alla cellula di sopravvivere ma soprattutto di funzionare correttamente. Le cellule da cui si parte sono le cellule staminali, ossia cellule primitive non ancora differenziate che possono trasformarsi in tutti i tipi di cellule del nostro organismo. Esse sono presenti prevalentemente nel midollo osseo, nel sacco amniotico, nel cordone ombelicale, nel sangue, nella placenta e nel tessuto adiposo.

La terapia genica messa a punto dal laboratorio del Professor Luigi Naldini, attuale direttore del Tiget di Milano, prevede l’uso del tanto odiato virus dell’AIDS. Già nel 1996 Luigi Naldini ha descritto sulle pagine di Science che, se opportunamente modificato, tale virus potesse essere molto efficiente per trasportare geni all’interno di cellule che normalmente non si replicano, come quelle del sistema nervoso. Le ricerche del Tiget si sono concentrate proprio su questo virus, che è stato a questo scopo disarmato e trasformato in vettore per la cura di malattie genetiche gravissime come la fino a ora incurabile malattia neurodegenerativa leucodistrofia metacromatica che colpisce il sistema nervoso centrale o una rara forma di immunodeficienza nota come sindrome di Wiskott-Aldrich che colpisce il sistema immunitario con rischio di ricorrenti infezioni e in particolare con problemi alle piastrine nel sangue.

Che cosa hanno fatto i ricercatori italiani per sfruttare a loro favore il temutissimo virus dell’HIV e trasformarlo in un vettore buono? Per prima cosa il virus dell’HIV è stato smontato in laboratorio e privato di tutte le sue componenti maligne. Successivamente è stato ricostruito mantenendo solo alcune delle sue parti (in particolare quelle in grado di entrare nelle cellule e inserirsi nel loro DNA) e aggiungendo il gene terapeutico necessario per correggere il difetto genetico. In questo modo il virus dell’HIV è diventato il veicolo della terapia genica. Il passo successivo è stato quello di inserire il gene terapeutico nelle cellule dei pazienti affetti dalla malattia: sono state prelevate le cellule staminali dal midollo osseo dei pazienti, sono state coltivate per alcuni giorni in laboratorio e a esse è stato aggiunto il virus modificato con il gene terapeutico. Il virus a contatto con le cellule è stato in grado di entrare al loro interno e inserire il gene terapeutico nel loro DNA. Le cellule così trasformate sono state nuovamente iniettate nel paziente, nel cui midollo osseo hanno iniziato a moltiplicarsi generando cellule figlie sane capaci di produrre il gene corretto. Le cellule figlie sane, trasportate dal sangue attraverso i vasi sanguigni, possono poi raggiungere la parte del corpo che costituisce la loro naturale sede di funzionamento, dove il rilascio dell’enzima funzionante consente di correggere il difetto genetico.

La terapia genica messa a punto dal professor Naldini è stata applicata a pazienti affetti dalla sindrome di Wiskott-Aldrich e ha consentito di trasformare le cellule staminali malate in cellule staminali corrette che si sono così sostituite a quelle non funzionanti permettendo quindi lo sviluppo di un sistema immunitario funzionante e di piastrine normali. Nel caso della leucodistrofia metacromatica, invece, le cellule in cui è stato inserito il gene terapeutico raggiungono il cervello mediante la circolazione sanguigna e lì rilasciano la proteina funzionante che viene assorbita anche dalle cellule nervose circostanti, contrastando in modo efficace il processo neurodegenerativo.

Grazie a queste importanti ricerche si apre la via per la cura di numerosissime gravi malattie genetiche per la quali fino a oggi non vi era rimedio. L’unione di due avanzate tecnologie come le cellule staminali e la terapia genica aprono le porte a importanti avanzamenti nel campo della medicina.

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Elena Gammella, post-doc all’Università degli studi di Milano, è laureata in biotecnologie e PhD in patologia generale. Si occupa di studi di biologia molecolare e ricerca di base. Quando non è impegnata in convegni o seminari, le piace dilettarsi in esperimenti culinari e di giardinaggio.