Un giorno nella Smart City dei Pronipoti – Seconda parte

Vent’anni fa si credeva che oggi ci sarebbero state le automobili volanti.
Dieci anni fa si credeva che oggi avremmo camminato per strada tra cloni e androidi.
Ma il mondo in cui viviamo oggi è molto diverso, perlomeno da come ce lo saremmo aspettato. Infatti, non è cambiato nulla. Proprio oggi, giorno di nascita dell’erede al trono di Inghilterra, ci si ferma a celebrare (anche se in chiave moderna) i riti monarchici inglesi, vecchi di un migliaio di anni, in cui si festeggia l’arrivo di un nuovo erede. La città e la società però sono cambiate. Quello che segue è un mini racconto a puntate di Giulia Pozzi che ci racconta, in chiave futuristica, come la città può essere vissuta ogni giorno, con strumenti e servizi che in realtà sono già disponibili. – ventuno

di Giulia Pozzi

[Continua dalla prima parte]
Nel frattempo, Jane, scaricati i ragazzi a scuola, aveva deciso di concedersi il secondo caffè in centro. Nonostante il centro fosse chiuso al traffico, la macchina non era un problema. Il Comune aveva messo a disposizione per i cittadini un’applicazione che permetteva di consultare i parcheggi disponibili, di pagare e rinnovare l’ora scaduta senza preoccuparsi di monetine, colonnine, vigili e multe. In quel momento erano liberi 245 parcheggi all’autosilo adiacente al centro. Pagata la sosta direttamente tramite Smartphone, Jane non solo ricevette la mail di avvenuto pagamento, ma anche un bonus sconto del 10% da spendere al Supermercato con il quale il parcheggio era convenzionato. “Buon Giorno, Martin! Un caffè macchiato, per favore! Ah, pago con il telefono, non ho contanti”. “Buon Giorno a te, Jane, va bene, subito!”. Caffè Martin era stato uno dei primi bar in centro a installare il POS Contactless. Da pioniere, aveva ritenuto che la sua clientela dovesse avere la possibilità di effettuare micro-pagamenti più veloci, transazioni più sicure e pagamenti più comodi. Il pubblico aveva apprezzato, tanto che anche gli atri commercianti avevano dovuto adeguarsi.

Il Sindaco, il Comune e le associazioni dei commercianti avevano insistito molto nel fare diventare la città Smart. “Lo sviluppo urbano volge verso la tecnologia, l’innovazione e la globalizzazione”.  Diceva spesso il Sindaco. “Una città, per essere Smart, deve essere orientata ai cittadini e ai loro bisogni. Deve gestire in maniera efficiente le proprie risorse, prendere decisioni basate su dati aggiornati, certi e condivisi e pianificare uno sviluppo sostenibile. La tecnologia ha il compito di sostenere e facilitare la città nella sua crescita, semplificando l’accesso alle informazioni e ai servizi, riducendo i tempi e le spese”.  Jane, dopo tutto, credeva che fosse un bello slogan: questa storia della Smart City favoriva i commercianti e la notorietà della città, e da cittadina Smart quale si riteneva cercava il più possibile di trarne vantaggio. Secondo Jane, però, ne mancavano così di cose alla città per essere Smart: pagare con lo Smartphone e ricevere qualche bonus sconto non le sembrava sufficiente. Era un inizio, certo, di integrazione tra differenti sistemi operazionali a supporto di tutti gli enti che operavano sul territorio e questo bisognava riconoscerlo, ma che dire, per esempio, della possibilità di stampare certificati comunali da totem intelligenti che identificavano la persona in maniera univoca e sicura senza più dover passare ore in fila allo sportello, del diritto e dovere di segnalare allo stesso Comune buche stradali e altre non curanze cittadine che sminuiscono il decoro della città, della necessità dei turisti di avere informazioni direttamente tramite Smartphone, perché no, leggendo una vetrofania intelligente sul luogo di interesse, la possibilità di ordinare il pasto mensa per Elroy e Judy da casa il giorno prima rispettando la dieta alimentare di ognuno ed evitando inutili sprechi di cibo, essere sempre al corrente di mostre ed eventi cittadini e regalarsi il biglietto dello spettacolo teatrale sponsorizzato dall’Amministrazione Comunale. “Grazie Martin! Buono come sempre il caffè!”. Jane pagò e si diresse al super, dove avrebbe utilizzato il suo sconto.

[continua alla terza parte]

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Giulia Pozzi, ingegnere gestionale, si occupa di trasferimento tecnologico a imprese e persone, lavorando su smartcity e RFId, dopo aver passato un anno in consulenza come project manager. Sta conseguendo un dottorato di ricerca e si diletta, quando riesce, a fare la docente. Se di solito non ha problemi a scrivere degli altri, non chiedetele di scrivere due righe su stessa che entra in crisi.